In cammino con... Paolo Domenico Montaldo




Ciao lettori e lettrici, oggi la nostra camminata
sarà in compagnia di un autore del cui libro ho fatto la recensione domenica scorsa. Come sempre desidero ringraziare l'autore per la sua cortesia e la sua disponibilità a concedermi un'intervista. Purtroppo l'autore non ha profili social ma per chi volesse seguire i suoi lavori e le sue iniziative potete fare riferimento al profilo social della sua casa editrice Yowras Editrice ( @yowrascultura). Es ora, senza indugi, il cominciamo a camminare con Paolo Domenico Montaldo!

Quando ha deciso di iniziare a scrivere e cosa o chi l'ha spinto a farlo?

Non si decide di scrivere. Lo si fa perché non se ne può fare a meno. La spinta arriva da quello che fai, che ami fare, e le parole escono da sole, fino alla fine della storia. Poi si ricomincia.

Ha abitudini durante la stesura dei suoi libri: orario, musica, luogo,...?

Si scrive sempre, anche quando non lo si fa. Bisogna avere un cassetto dentro la propria testa nel quale mettere le idee, i pensieri, e quello che ti viene in mente quando non stai scrivendo. Un taccuino aiuta molto.

Scrivendo ha seguito una scaletta o ha scritto la storia di getto?

Le storie nascono sempre da un'idea, da un pensiero che viene inseguito fino a gettare le basi, ideare un'embrione di storia che poi prende forma, e allora bisogna cominciare a metterla giù. Prima stesura, rilettura, seconda stesura, affinamento, e via così, poi arriva l'editor che fa il suo mestiere, ma questo fa parte del gioco. Del resto Stephen King dice che scrivere è umano, ma editare è divino. E ha ragione.

Ci sono delle parti del romanzo o dei personaggi che, col senno di poi, modificherebbe o eliminerebbe del tutto? E perché?

I personaggi nascono perché hanno una ragione d'essere, e non rinnegherei mai un personaggio, ma chi scrive vuole sempre migliorare qualcosa. Chi scrive è un artigiano che vuole sempre dare ancora un colpo di pialla o di vernice, per fare più bello quello che fa, ma poi bisogna saper dire basta, altrimenti...

Cosa ha provato una volta terminato il romanzo?

La fine del primo è stata emozionante, anche perché non sapevo cosa sarebbe successo poi, se piaceva o meno. Gli altri, la fine degli altri miei libri, sono state più rivolte alla parte tecnica, alla parte della storia, alle emozioni che poteva dare. E' comunque sempre emozionante arrivare alla fine.

Qual è stato il primo libro che l'ha fatta appassionare alla lettura?

I tre moschettieri, edizione integrale della trilogia, che conteneva anche “Vent'anni dopo”, e “Il visconte di Bragelonne”. Un tomo da 1400 pagine che ho divorato attorno ai dieci anni. Ho capito cosa poteva essere la lettura e cosa sarebbe potuta diventare la scrittura.

Se dovesse associare una canzone al suo libro, quale sarebbe?

Se parliamo di “Spia”, la seconda avventura di Padre Jean Leon, direi che Brassens e la sua poetica maledetta potrebbe essere una bella soluzione, un accostamento ardito.

Dove o da chi ha trovato l'ispirazione per questo libro?

Sempre parlando di “Spia”, devo dire che la figura di Mata Hari mi ha sempre affascinato, e infilare alcuni pezzi della sua vita dentro una storia che mi apparteneva mi è piaciuto molto.

Quali sono, secondo lei, gli aspetti positivi e negativi dell'essere uno scrittore?

Per amor di precisione, scrittore o scrittrice, è quella persona che la storia ha riconosciuto come tale. Gli altri, me compreso, sono persone che scrivono delle cose, dei pensieri, delle storie che la storia facilmente non ricorderà, e questo è un fatto. Gli aspetti negativi ci sono perché scrivere è un mestiere, e se lo vuoi fare, lo devi fare bene, e ci devi mettere l'anima, le mani, il cervello, sudore, lacrime e sangue. Questo è scrivere.

Qual è, se ne ha uno, il suo personaggio preferito del libro? E perché?

Nella saga di padre Jean Leon i personaggi si susseguono e si alternano. Qualcuno è scomparso, altri ritornano. Il protagonista, il frate francescano francese, è un po' quello che vorrei essere io: un uomo con molti dubbi e una fede incrollabile, spinto dalla curiosità e dal desiderio di conoscenza, uno studioso di oscuri misteri tra storia e leggenda, un uomo attorniato da amici fidati.

Se avesse l'opportunità di scrivere un romanzo a quattro mani con un qualsiasi autore, del presente o del passato, quale sarebbe e perché?

Alessandro Manzoni. E' stato uno dei più grandi autori della storia. Avrei solo da imparare. E' una scrittura sempre perfetta, mai una sbavatura, tutto quadra, non ci sono vuoti scenici, non ci sono porte non chiuse. Nei suoi romanzi, e cito anche “La colonna infame” perché “I promessi posi non è il suo solo romanzo”, c'è tutto quello che serve. Un romanzo a quattro mani con lui sarebbe l'occasione di imparare a scrivere, finalmente.

Ha piacere di dire qualcosa ai lettori del blog e in genere a chi leggerà il suo libro?

Spesso ci chiediamo cosa leggere. Me lo chiedo anch'io, e sovente mi slancio verso autori che non conosco, anche del passato più o meno recente. Scoprire qualcosa di nuovo è nelle mie corde ed è sempre affascinante. Non lo so cosa potrete trovare nei miei libri. Io li scrivo per divertirmi e per fare sì che chi legge possa pensare, e divertirsi. Il resto è nelle vostre mani.

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